“È ancora notte, ma dobbiamo essere i primi ad entrare e quindi, in silenzio, usciamo dal furgone. Accendiamo la prima sigaretta e la fiamma dell’accendino ci illumina il viso, che nasconde la preoccupazione. Ci fermiamo un attimo, difronte al cancello, soffiandogli contro il fumo, come per stemperare la tensione. Guardo i miei compagni, sorrido e ne sono ricambiato: questo basta per riportarci al rituale della nostra professione. Ci allacciamo le scarpe, poggiandole sul paraurti del furgone, entriamo nella tuta di tyvek, come bianchi fantasmi, ci allacciamo a vicenda le maschere (stringendole anche troppo), guanti blu e copriscarpe. Infine alziamo gli schermi ulv: la vestizione è stata completata.
Ci aprono le porte a distanza, in sicurezza, ed entriamo.
È sempre così, a Milano come a Yangon, in Italia e a Singapore: siamo sempre noi i primi ad entrare. Quelli che alla fine non saranno mai ricordati, in questa lunga lotta globale.
Ed infine usciamo, stanchi e con la tuta impregnata di sudore. Beviamo un sorso d’acqua ed accendiamo la seconda sigaretta. Sorridiamo di nuovo, aprendo una lattina di birra.
Ora possono entrare gli altri, tutti gli altri: sono al sicuro.
Ovunque, a Bergamo come a Singapore, in Europa, in Asia, nel Mondo siamo sempre i primi ad entrare nel cluster dove c’è il coronavirus.
Nessuno ce lo dirà e, quindi, almeno, diciamocelo da soli: Grazie Ragazzi”
Daniele Caldirola – Tecnico Disinfestatore
Questo racconto, questa scena può essere ambientata ovunque in Abruzzo come in Lombardia, in Emilia o in Veneto. Io l’ho ricevuta da Daniele Caldirola, uno dei migliori Tecnici italiani, che ho avuto con me per molti anni in una grande Azienda, che ama il lavoro che fa e lo sa insegnare, e che ora guida una task force a Singapore.
Ha descritto una realtà quotidiana come meglio non si potrebbe fare, perché quella scena è di tutti noi, ogni giorno, e, se è pur vero che questo è lavoro, oggi, come e più di sempre, è impregnato di senso del dovere, di doverlo fare anche per gli altri, perché tutti gli altri possano “entrare nell’edificio quotidiano” in sicurezza, senza magari rendersi conto di chi lo ha reso possibile.
Come dice Daniele, noi siamo presenti, in un momento così difficile ancora di più, per rispondere alle Aziende che hanno bisogno e si rivolgono a noi, per metterci a disposizione degli Enti ed Autorità che stanno cercando di far fronte a questa pandemia.
E mi riferisco soprattutto ai Tecnici ed ai Collaboratori delle nostre Imprese: anche la loro disponibilità è da riconoscere e ringraziare.
Perché le richieste e gli interventi di disinfezione devono essere effettuati quasi sempre in urgenza, spesso con scarsità di mezzi e di prodotti disinfettanti, senza procedure operative preparate e diramate dalle Istituzioni Sanitarie. Dobbiamo fare ricorso alla nostra esperienza, alle conoscenze tecnico-scientifiche a nostra disposizione, alle poche norme cogenti disponibili ed usare il buon senso.
Molte Amministrazioni Comunali, ad esempio, spinte dai timori della popolazione, stanno “lavando” gli spazi pubblici esterni con le macchine spazzatrici, impiegando soluzioni di acqua e ipoclorito. E l’uso di questa soluzione disinfettante, su superfici dure, viene richiesta anche ad aziende di Pest Control.
Va ricordato che il Sindaco, quando agisce quale rappresentante della popolazione (TUEL art. 50 commi 5 e 6) è di fatto l’Autorità sanitaria locale e non si può non attenersi a quanto contenuto nelle ordinanze, ancorchè discutibili, tanto più se avallate dalle AUSL, come in alcune realtà avviene.
Sull’onda dei timori popolari, molte ordinanze sindacali danno indicazioni molto dettagliate su cosa impiegare e dove fare gli interventi. Così pure molte Aziende Sanitarie danno il nulla osta all’impiego di disinfettante e di soluzione di cloro, specificandone modalità e percentuali di uso.
Altresì, accade anche il contrario: altre Aziende Sanitarie e Agenzie Regionali per la protezione ambientale (ARPA) sconsigliano di intervenire con disinfettanti in aree esterne, in particolar modo con ipoclorito di sodio:
“Non vi è evidenza che spruzzare ipoclorito di sodio all’aperto, massivamente, sui manti stradali, possa avere efficacia per il contrasto alla diffusione del CODIV-19 dal momento che le pavimentazioni esterne non consentono interazione con le vie di trasmissione umana. Si ritiene invece che iniziative mirate, rivolte a superfici in ambiente interno o esterno destinate a venire a contatto con le mani, possano conseguire risultati migliori in ottica di prevenzione di diffusione del contagio. E' comunque da sottolineare che l’ipoclorito di sodio, componente principale della candeggina, è sostanza inquinante che potrà nel tempo contaminare le acque di falda, direttamente o attraverso i suoi prodotti di degradazione.” (link)
Dubbi sono riportati anche in un recente articolo pubblicato sul sito “Science” (link).
Pertanto la situazione è complessa e controversa, considerando la miriade di disposizioni locali che non aiutano ad ottimizzare l’organizzazione dei servizi.
Se riteniamo di intervenire in un contesto di Ordinanza sindacale, con soluzioni a base cloro, raccomandiamo interventi mirati, non impiegando in aree esterne atomizzatori, termonebbiogeni, ULV.
L’azione deve essere mirata a superfici dure che possono andare a contatto diretto con le persone, limitando per quanto possibile la dispersione ambientale del prodotto.
Tutte le aree devono essere rese off-limits durante i trattamenti.
I medesimi accorgimenti vanno presi in considerazione per la sanificazione periodica degli ambienti di lavoro, per come previsto dal recente “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14 marzo 2020 (per gli ambienti interni, il riferimento rimane sempre la circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute).
Come sopra riportato, molti si stanno interrogando, in questo momento, sulla validità o meno di queste operazioni. Quando verranno emanate linee guida o modalità operative specifiche, come sempre ci adegueremo, nel pieno rispetto di quanto indicato dalle Autorità competenti.
Noi siamo Operatori Professionali, ma prima ancora cittadini e persone solidali, che hanno a cuore la salute della nostra Gente, dei nostri Dipendenti, dei nostri Clienti.
Lo dico a nome di tutti i Colleghi della nostra Associazione: il nostro impegno, oggi, è rivolto alla salute e finalizzato all’uscita da questa grave emergenza. Per questo ci adeguiamo alle disposizioni delle Autorità locali, che ci chiedono - con varie modalità, differente da ogni Regione - di garantire la sicurezza delle filiere alimentari e la disponibilità alle chiamate delle Amministrazioni locali.
Non chiediamo ringraziamenti o riconoscimenti, a Milano come a Singapore, ma respingiamo la meschinità di chi ci accusa di inseguire il profitto: siamo imprese di dimensioni limitate e molte delle nostre persone sono a casa o lavorano da remoto, ma se ci chiedono di intervenire non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo sfuggire ad un nostro dovere.
Voglio anche dire una ultima cosa: sono, come i Colleghi, l’Amministratore di una Impresa con un numero limitato di Tecnici operativi, che conosco uno per uno, assieme alle loro famiglie. Nel momento che dicono “dobbiamo farlo, dobbiamo esserci” leggo nei loro occhi il timore per il rischio che corrono, e vedo le persone che, a casa, vorrebbero che restassero con loro. Non crediate che la mia decisione di essere a disposizione delle Autorità e delle emergenze attenga soltanto ad un senso del dovere: è grande soprattutto il peso della responsabilità sulle persone, sui Tecnici, sui dipendenti che mandiamo sul campo. Nessuno lo dimentichi.
Saremo comunque sempre i primi ad intervenire, per fare poi entrare gli altri, tutti gli altri, in sicurezza
Come racconta Daniele.
Dino Gramellini
Vice Presidente A.I.D.P.I.